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Papa Alessandro III (1177)

Un evento che diede molto lustro ed importanza a Venezia fu, nell’anno 1177, la pace che il Doge Sebastiano Ziani, abile diplomatico, fece stringere tra il Papa Alessandro III e l’imperatore Federico Barbarossa.

In tale occasione, il Papa trovatosi a Venezia dirà

"...Venezia, a l’unico domicilio di libertà dove si tiene più securo che in niuna altra terra de Italia...”.

Dante Alighieri - Divina Commedia (1304-1321)

Dante Alighieri fu un poeta,scrittore e politico fiorentino.

in veste di ambasciatore di Guido Novello da Polenta signore di Ravenna, soggiornò a Venezia all’inizio del 1321.

 Rimase affascinato dalla bellezza di Venezia, ma quello che trovò più stupefacente fu l’ Arsenale, all’epoca in piena attività,ne rimase talmente stupito tanto da citarlo in un canto della sua opera più celebre,la "Divina Commedia"



“Quale nell’arzanà de’ Viniziani

bolle l’inverno la tenace pece

a rimpalmare i legni lor non sani,

ché navicar non ponno - in quella vece

chi fa suo legno nuovo e chi ristoppa

le coste a quel che più vïaggi fece;

chi ribatte da proda e chi da poppa;

altri fa remi e altri volge sarte;

chi terzeruolo e artimon rintoppa;

tal, non per foco ma per divin’ arte,

bollia là giuso una pegola spessa,

che ‘nviscava la ripa d’ogne parte”.

(Inferno, XXI, vv. 7-18)

 

Parafrasi:

 

Come nell’Arsenale dei Veneziani

bolle d’inverno la vischiosa pece

per risanare le loro navi in avaria,

quando non possono navigare

vi è chi rattoppa le assi e chi cambia la stoppa

nel fasciame alle navi che tanto hanno viaggiato;

chi martella da prua e chi da poppa

chi fabbrica remi e chi intreccia corde

chi rattoppa vele di ogni tipo;

così, non sul fuoco ma per volontà divina

laggiù bolliva una densa pece

che ricopriva la valle in ogni luogo.

Francesco Petrarca(1304-1374)

Francesco Petrarca è stato uno scrittore e poeta fiorentino.
In una sua lettera ad un amico bolognese scrisse parlando di Venezia:

 


"..quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia,di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d’oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù,sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond’è cinta,dalla prudente sapienza dé figli suoi munita e fatta sicura"

Bessarione (1468)

Bessarione fu un cardinale bizantino,Patriarca di Costantinopoli,che nel 1468 donò alla Serenissima una preziosa biblioteca,antenata della biblioteca marciana
All'atto della donazione si espresse così:


"Quale Paese offre a uno un rifugio sicuro come il vostro, governato da equità, integrità e saggezza? Qui la Virtù, la Moderazione, la Serietà, la Giustizia e la Buona Fede hanno fissato la loro dimora. Qui il Potere anche se grande ed estensivo, è tanto giusto quanto delicato. Qui il saggio governa, il buono comanda sul perverso e gli interessi particolari sono sempre sacrificati al benessere generale".

(fonte: Reuben Parsons - Some lies and errors of history(1893))

Philippe de Commynes - Memoires (1495)

Mémoires: opera composta da otto libri, i primi sei costituiscono la Cronaca di Luigi Xi e gli ultimi due la Cronaca di Carlo VIII. Grazie a questi libri viene considerato uno dei padri degli storici moderni, grazie alla sua obiettività ed alla profondità psicologica dei suoi personaggi posti in relazione con i fatti politici in un gioco di cause, effetti, previsioni.
di Venezia scriverà:

"Venezia è la città più gloriosa che io abbia mai visto, ed è la più saggiamente governata. La devozione di Dio è condotta qui più degnamente che altrove; anche se i Veneziani possono

avere le loro colpe, io credo che Dio li aiuti tenendo conto della loro riverenza per la Chiesa"

Nicolo Macchiavelli (1509)

Macchiavelli fu un politico fiorentino,espresse pareri contrastanti sulla repubblica Serenissima.
Nel suo diario (oggi raccolto in "opere di Nicolo Macchiavelli" - 1821) riportò esempi della fedeltà dei contadini veneti alla Serenissima durante le vicende della Lega di Cambray(lui infatti la vide in prima persona perchè si trovava a Verona in qualità di osservatore militare del governo fiorentino)

 

"(..) di modo che negli animi di questi contadini è entrato un desiderio di morire, e vendicarsi che sono diventati più arrabbiati e ostinati contro 'a nemici dei veneziani  (..) che uno di loro preso si lascia amazzare per non negare il nome veneziano. E pur iersera ne fu uno innanzi a questo vescovo, che disse che era Marchesco e Marchesco voleva morir"

(tratto da https://play.google.com/store/books/details?id=63Y2AAAAMAAJ&rdid=book-63Y2AAAAMAAJ&rdot=1)

Girolamo Priuli (1509)

Girolamo Priuli fu doge di Venezia,nel 1509,durante la guerra di Cambray scrisse a proposito dell'audacia e della fedeltà dei contadini veneti:

"Et cun veritade questi contadini, come di sopra se dice, herano quelli che tenivano il nome Veneto in piedi e in qualche repuctatione et per simile rispecto li inimici herano tanto incrudeliti contra de loro che, quanti ne trovavano tanti ne amazavano et questo hera il mancho suplitio che li potevano dare. Tanem (tuttavia) loro vilani pius ferventi et innanimati et sviserati se disponevano contra li inimici et in favaro dello stato Veneto, ne existimavanno la morte.”

Francesco Guicciardini - Dialogo del reggimento di Firenze (1521-1526)

Francesco Guicciardini fu uno scrittore e storico fiorentino,nel suo trattato politico "Dialogo del reggimento di Firenze(1521-1526) cercò di fare un'analisi tra le varie forme di governo per vedere qual è la migliore.
In questo trattato portò il governo Veneziano come esempio, di esso scrisse:


”… Parmi bene che in genere il Governo sia buono, e che abbia quelle parti principali che si ricercono hi una república libera, e ha grandissima similitudine col Governo viniziano; il quale, se io non mi inganno, è il più bello e il migliore Governo non solo de’ tempi nostri, ma ancora che forse avessi mai a’ tempi antichi alcuna città,perché participa di tutte le spezie de Governi, di uno, di pochi e di molti, ed è temperato di tutti in modo, che ha raccolto la maggiore parte de’ beni che ha in sé qualunque Governo, e fuggito la maggior parte de’ mali.
II Doge, i Pregati, quelli magistrati principali scelti hanno seco quella cura, quella vigilanza, e quello essere ridotte le faccende in mano di chi le intende, che ha uno principe e uno Stalo di Ottimati; da altro canto sono legati di sorte, che non possono diventare tirannide. Il Consiglio Grande ha seco quello bene che è principale nel Governo del populo, cioè la conservazione della libertà, la autorità delle leggi e la sicurtà di ognuno ; ma è contrapesato in modo dal Doge e da’ Pregati e magistrati che discendono da quegli, che le deliberazioni importanti non vengono in arbitrio della moltitudine, e cessa il periculo che le cose si resolvino in quella
licenza populare perniziosa. Però vedete che poi che quello Governo prese piede, si è mantenuto tante centinaja di anni in una medesima forma, e sanza mai cognoscere sedizione e discordie civili ; e questo non procede perché tra loro non sia degli odii e delle inimicizie
come nelle altre città, che si vede quando hanno occasione di scoprirle giustificatamente, o perché non vi siano degli animi ambiziosi e male regolati, che se avessino faculta disordinerebbono;ma gli ordini del Governo sono tali, che a loro dispetto gli tengono fermi. Considerate i governi delle republiche di Grecia, e in spezie quello de’ Romani, che fece tanti effetti ; lo troverete pieno di sedizioni, pieno di tumulti e di mille disordini ; i quali, se non fussi stata la vivacità delle arme che avevano, con la quale sostenevano ognierrore,arebbono, se fussino vivuti così, precipitato mille volte quella república”

Francesco Sansovino - Venetia città nobilissima" (1581)

Francesco Sansovino fu il figlio del grande architetto Jacopo Sansovino,ancora bambino seguì il padre che da Roma era scappato a Venezia,dove si rifugiarono in seguito al sacco di roma.
Fu uno scrittore molto prolifico;nella sua opera Venetia città nobilissima" (1581)scrisse:

 

”La base e il fondamento di questa Repubblica, anzi lo honor di tutta Italia è la casa dell’Arsenale che si interpreta Ars Senatus, cioè fortezza, bastione, antemurale e sostegno del Senato.”

 

Nicolas Amelot de la Houssaye(1634-1706)

Nicolas Amelot de la Houssaye fu uno storico francese che nel 1669 fu nominato segretario d'ambasciata a Venezia,nel libro "storia del governo di Venezia" (tral'altro scritto con l'intento di screditare la Serenissima) scrisse:

 

“Non c’è città al mondo, dove si è più attenti a mantenere la salute, che in questa città di Venezia“

Carlo Goldoni - Le Massere (1755)

Carlo Goldoni fu un drammaturgo e scrittore veneto,considerato il padre della commedia moderna.
Nell'introduzione alla sua opera le massere scrisse:

"Ella pure nel nostro Veneto idioma; ma colla scelta delle parole, e colla robustezza dei sentimenti, ha fatto conoscere che la lingua nostra è capace di tutta la forza e di tutte le grazie dell'arte oratoria e poetica, e che usata anch'essa da mano maestra, non ha che invidiare alla più elegante Toscana. Ella aveva ciò dimostrato altre volte in varie pubbliche azioni, nelle quali vuole il sistema di questa ben regolata Repubblica Veneta che del proprio nativo idioma gli Oratori si valgano, e la di Lei naturale facondia, unita al chiarissimo suo talento, ed allo studio incessante di cui si compiace, rende l'E. V. ammirabile nell'età verde in cui si ritrova, e fa sperare in Lei coll'andar degli anni un benemerito cittadino di questa Patria gloriosa."

 

Voltaire-Candido o l'ottimismo(1759)

Voltaire,pseudonimo di François-Marie Arouet (1694-1778) nella sua opera Candido scrisse:

"...Andrò ad attenderti a Venezia: è quello un paese giusto e libero dove non c’è niente da temere, ne dagli Slavi, né dagli Arabi e nemmeno dagli inquisitori. A Venezia la giustizia è patrimonio di tutti, come l’acqua dei suoi pozzi."

William Wordsworth-On the exctinction of venetian republic(1802)

William Wordsworth fu un poeta e letterato inglese,dedico una poesia anche a Venezia:
tra parentesi il mio tentativo di traduzione in italiano.

On the exctinction of venetian republic (sulla fine della repubblica di Venezia)

Once did She hold the gorgeous East in fee; (D'Oriente i regni tenne in sua balia)
And was the safeguard of the West:(D'occidente ne fu la difesa)the worth
Of Venice did not fall below her birth,(il valore di Venezia fu degno della sua origine/nascita)
Venice, the eldest Child of Liberty.(Venezia,la più anziana figlia della libertà)
She was a Maiden City, bright and free;(fu una città vergine,brillante e libera)
No guile seduced, no force could violate;(l'inganno non la vinse e nessuna forza poteva violarla)
And when She took unto herself a Mate,(e quando infine scelse un compagno)

She must espouse the everlasting Sea.(sposò il mare eterno)
And what if she had seen those glories fade,(e se avesse visto quei fasti dissolversi)

Those titles vanish, and that strength decay,(quei titoli svanire e la sua forza decadere)

Yet shall some tribute of regret be paid(ci sarebbero stati alcuni momenti di tristezza/rammarico)

When her long life hath reach'd its final day:(quando la sua lunga vita arrivò al giorno finale)

Men are we, and must grieve when even the Shade(uomini siamo e anche l'ombra)

Of that which once was great is pass'd away.(piangeremo di chi un tempo fu grande senza eguali)


 

Wolfgang von Goethe - Italienische Reise(1816)

Johann Wolfgang von Goethe fu uno scrittore,poeta e drammaturgo tedesco.
Tra il 1786 e il 1788 visitò la penisola italica,riportò le sue impressioni nel libro"Italienische Reise"(Viaggio in Italia)

"Tutto ciò che mi circonda è pieno di nobiltà, è l'opera grandiosa e veneranda di forze umane rIiunite,è un monumento maestoso non di un solo principe,ma di tutto un popolo.

E se anche le sue lagune a poco a poco si vanno riempiendo, se dalle paludi esalano perfidi miasmi, se il comrnercio langue, se la sua signoria è decaduta, tuttavia questa Repubblica,col suo carattere e con le sue istituzioni, non sembrerà, a chi bene osservi, men degna di rispetto."
(..)"Quello che l'ingegno e l'industria umana hanno ideato e compiuto fin dai tempi antichi, la saggezza e l'industria devono adesso conservare"

(testo:http://share.dschola.it/giordanobruno/docenti/bellini/Documenti%20condivisi/Goethe%20Viaggio%20in%20Italia%20Venezia.pdf)

Pierre Daru - Histoire de la République de Venise (1819)

Pierre Daru fu un comandante delle armate napoleoniche,conosciuto per le sue opere Histoire de la République de Venise (1819) e Histoire de la Bretagne(1826).
Fu molto critico nei confronti della repubblica di Venezia,ma nonostante questo In "Histoire de la Republique de Venise" come incipit scrisse(tradotto in italiano):

 

"Non è raro vedere grandi migrazioni di popoli inondare un paese, cambiarne la faccia e aprire per la storia una nuova era; ma che un pugno di fuggiaschi, gettato su un banco di sabbia della larghezza di poche centinaia di tese, vi fondi uno stato senza territorio;

che una numerosa popolazione arrivi ad occupare questa piaga instabile dove non si trova né vegetazione né acqua potabile né materiali e neppure lo spazio per edificare;

che dall’attività necessaria per la sopravvivenza e per rassodare il suolo sotto i suoi passi essi giungano a presentare alle nazioni moderne il primo esempio di un governo regolare, a far uscire da una palude flotte continuamente rinascenti, per andare ad abbattere un grande impero e raccogliere le ricchezze dell’oriente;

vedere questi fuggiaschi reggere l’equilibrio politico dell’Italia, dominare sui mari, ridurre tutte le nazioni nella condizione di tributari, infine rendere impotenti tutti gli sforzi dell’Europa unita in un’alleanza contro di essi: questo senza dubbio è uno sviluppo dell’intelligenza umana che merita di essere osservato".

 

Carlo Botta - Storia d’Italia da 1789 a 1814 (1824)

Carlo Botta fu uno storico piemontese che lavorò come chirurgo nell'armata francese guidata da Napoleone. 
In una delle sue opere,storia d'italia dal 1789 al 1814 scrisse:

 

"Venezia fu senza seri conflitti per molti secoli.

Essa fu oggetto di attacco per le Nazioni più potenti - i Turchi, i Germani e i Francesi. Fu sulla strada di conquistatori barbari, e nel mezzo di rivoluzioni delle genti.

Tuttavia uscì sana e salva da ogni tempesta politica; tale era la perfezione delle sue antiche leggi, così a fondo avevano spinto le radici date loro dal tempo, che Venezia non dovette mai cambiare il proprio carattere.

È mia ferma convinzione che non sia mai esistito un governo più saggio di quello di Venezia, sia che si consideri la sua preservazione che la felicità dei suoi sudditi. Per questa ragione Venezia mai ebbe pericolose fazioni nel suo seno, e per la stessa ragione mai nutrì paura delle nuove idee...

Non so se si dovrebbe provare pietà o indignazione verso coloro che tanto ferocemente inveiscono contro l'Inquisizione di Venezia e che pretendono di considerare l'esistenza di quel tribunale come giustificazione per la morte inflitta all'antica e sacra Repubblica". 

 

(tratto da: “Storia d’Italia da 1789 a 1814.” Firenze, 1816)Ca

Alessandro Manzoni - I promessi sposi(1827)

I promessi sposi è un celebre romanzo storico di Alessandro Manzoni, ritenuto il più famoso e il più letto tra quelli scritti in lingua italiana.

Preceduto dal Fermo e Lucia, spesso considerato romanzo a sé, fu edito in una prima versione nel 1827 (detta edizione ventisettana); rivisto in seguito dallo stesso autore, soprattutto nel linguaggio, fu ripubblicato nella versione definitiva fra il 1840 e il 1841-42.

Ambientato dal 1628 al 1630 in Lombardia durante il dominio spagnolo, fu il primo esempio di romanzo storico della letteratura italiana. 

Il romanzo si basa su una rigorosa ricerca storica e gli episodi del XVII secolo, come ad esempio le vicende della Monaca di Monza e la grande peste del 1629-1631, si fondano tutti su documenti d'archivio e cronache dell'epoca.

Parte delle vicende si svolgono a Bergamo che all'epoca era sotto la repubblica Serenissima: in un passo del suo romanzo Manzoni scrive:

 

- La città di Bergamo, - rispose il pescatore.

- E quella riva lì, è bergamasca?

- Terra di san Marco.

- Viva san Marco! - esclamò Renzo.

Il pescatore non disse nulla.

Toccano finalmente quella riva;

Renzo vi si slancia; ringrazia Dio tra sé, e poi con la bocca il barcaiolo; "

cap. XVII Promessi Sposi

 

Per una discreta analisi della Serenissima come traspare nel romanzo consiglio questi link:

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/2011/083q04a1.html
http://laltravenezia.blogspot.it/2010/11/unipotesi-sulle-origini-de-i-promessi.html
http://domani.arcoiris.tv/manzoni-ha-copiato-male-%E2%80%9Ci-promessi-sposi%E2%80%9D-censura-agnese-e-lucia-che-hanno-trascinato-in-tribunale-don-rodrigo/

Charles dickens - Pictures from Italy(1844 )

Charles Dickens (1812-1870) fu uno dei più importanti romanzieri inglesi.
Nel 1844 si recò in Italia dove visse per due anni soggiornando a Genova,ma non manco di visitare varie città tra cui anche Venezia,il resoconto di questi viaggi costituì il materiale per il suo libro "Pictures from Italy".

“Mio caro, niente di quello che ho sentito di Venezia può evocare la sua magnifica e stupenda realtà. Le immagini più fantastiche delle Mille e una notte non sono nulla in confronto a Piazza San Marco e all’impressione che si prova una volta entrati nella chiesa. La reale magnificenza di Venezia va oltre la più stravagante fantasia di un sognatore. L’oppio non riuscirebbe a creare il sogno di un luogo simile, e nessuna suggestione potrebbe creare le sembianze altrettanto incantevoli. Tutto quello che avevo sentito, letto o fantasticato su Venezia è lontano mille miglia. Sai che quando le aspettative sono alte tendo a restare deluso, ma Venezia è superlativa, è oltre, è al di fuori dell’immaginazione umana. Non è mai stata considerata a sufficienza. Solo a vederla piangeresti”

 

 

Goffredo Parise - Corriere della sera 7/2/1982

Goffredo Parise è stato un giornalista e poeta vicentino.
In un articolo del corriere della sera del 7/2/1982 scriverà:

"..Tuttavia ho girato il mondo fino a quando mi ha sorretto la gioventù e lo spirito di curiosità e di ansia esistenziale che, oltre a Comisso, doveva avere certamente per primo Marco Polo. Con lo stesso candore ed incoscienza noi veneti abbiamo girato il mondo: ma la nostra patria,quella per cui se ci fosse da combattere combatteremo è soltanto il veneto"
“Il Veneto è la mia Patria. Do alla parola patria lo stesso significato che si dava durante la prima guerra mondiale all'Italia: ma l'Italia non è la mia Patria e sono profondamente convinto che la parola e il sentimento di Patria è rappresentato fisicamente dalla terra, dalla regione dove uno è nato..."

Massimo Pallottino - Storia della prima italia(1984)

Massimo Pallottino fu un archeologo italiano,nel suo libro "storia della Prima Italia" scrisse:

 

“Una caratterizzazione etnico-culturale ben definita,tra le meglio definite di tutte le compagini regionali dell’Italia preromana ,s’incontra nel Veneto dove, dalla già specializzata “facies” locale protovillanoviana, nasce all’inizio dell’età del ferro (IX-VIII secolo) la civiltà che chiamiamo “paleoveneta” o “atestina (...) "

Sabatino Boscati - L'espresso 15/12/1985

Sabatino Boscati è stato un archeologo italiano.
In un articolo sull'Espresso del 15/12/1985 scrisse:

"..Se c'è una regione d'Italia antica nella quale sia evidente la coincidenza di un popolo, di cultura e di territorio, questa è il Veneto... Tutto coincide: il popolo dei Veneti, la cultura che da loro prende il nome, il territorio che è sostanzialmente lo stesso ancor oggi"
 

Ivan Tomažič - Veneti: naši davni predniki(1989)

Ivan Tomažič fu un linguista sloveno che nel 1989 pubblicò il volumeVeneti: naši davni predniki  (I veneti: i nostri antichi antenati).
La teoria del saggio fu che i sloveni fossero in realtà parte di una popolazione pre-romana che essi chiamarono genericamente Veneti, suddivisa fra Veneti Adriatici, Veneti Baltici, Pannoni, Norici e alcuni altri popoli tradizionalmente definiti Celti o Illirici. (Teoria oggi ritenuta errata)

 

" E’ molto insolito l’ atteggiamento degli storiografi verso i Veneti,nella maggiornaza dei casi, essi hanno preferito ignorali.
Ma quando l’ incontro diventava inevitabile, essi trasformano i Veneti in Illiri, questo vale soprattutto per il periodo seguente la venuta dei Celti, quando furono proclamati “morti“. In tal modo, almeno , non si rendeva piu’ necessario tenerne conto.

Eppure i Veneti continuano a vivere. Essi sono sopravvissuti all’ epoca dei Celti e a quella dei Romani.Possiamo incontrarli a tutt’ oggi , sotto diversi nomi, in diverse parti d’ Europa.
Ma forse è proprio questa la causa per cui la storeografia vorrebbe dimenticarli,essi sono d’ impaccio a piu’ di uno che vorrebbe cancellare la loro identità. “

 

Benedetto XVI (2011)

Il papa Benedetto XVI alias joseph ratzinger in occasione della sua visita a Venezia si esprimerà cosi:

 

"(..)Lo splendore dei monumenti e la fama delle istituzioni secolari manifestano la storia gloriosa e il carattere delle genti venete, oneste e laboriose, dotate di grande sensibilità, di capacità organizzative e di quello che nel linguaggio quotidiano viene detto “buon senso”

(tratto da http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/il_papa_in_veneto/notizie/venezia-saluto-papa-benedetto-190592178940.shtml)

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Reuben Parsons - Some lies and errors of history(1893)

Il reverendo Reuben Parsons fu uno storico ecclesiale cattolico americano del 1800 il quale nel suo trattato

Alcuni Errori e Menzogne della Storia,, D.D.; Notre Dame, Indiana: The Ave Maria; 7a edizione; 1893; pp. 244-260 scrisse;
(si veda il link: https://archive.org/stream/somelieserrorsof00parsuoft#page/n7/mode/2up)


Venezia Malvagia 

Per l'opinione pubblica media, la storia di Venezia è un melodramma sanguinoso e oscuro. Prigioni sotto i canali, celle di detenzione esposte al furore di un sole quasi torrido, porte segrete sempre minacciose della comparsa di spie e assassini, virtù e valore sempre soccombenti alla spada o al veleno; e tutto ciò sotto l'egida di un governo che proclamava se stesso Cristiano e popolare.

Questo è il quadro che sorge davanti a chi legge i racconti correnti su Venezia, o a chi assista a una rappresentazione teatrale sulla storia Veneziana.

Fino agli albori del diciannovesimo Secolo, questa idea di Venezia fu in prevalenza effetto di calunnie Inglesi e Protestanti. L'odio ereticale e la rivalità commerciale si erano combinate nell'installare pregiudizi contro quella Repubblica Cattolica che per secoli era stata il più benestante tra i grandi Stati d'Europa.

Con il nostro secolo venne la necessità, anche da parte della Francia, di giustificare un grande crimine nazionale. La fata Venezia lascia un cadavere ai piedi della tigre rivoluzionaria Francese, ed è naturale che i suoi assassini debbano insistere che essa abbia meritato il suo destino.Ecco, quindi, gli scrittori francesi di grosso calibro accumulare calunnie sulla memoria della Regina dell'Adriatico!

Naturalmente anche autori Germanici si uniscono al coro, in quanto un potere Germanico aveva approfittato del crimine della Francia; un simile commercio di popoli doveva in qualche modo venir giustificato, e lo si fece supponendo la viltà dei barattati.

Pertanto il clamore contro la crudeltà, la disonestà, la tirannia e la maligna astuzia Veneziana, divenne quasi universale.

 

Una delle più celebri illustrazioni dei misteri di Venezia è il dramma "Angelo" di Victor Hugo .Il poeta spinse all'estremo l'uso letterario del veleno e dei pugnali dei Dieci, i passaggi segreti, le disgustose prigioni ecc.; alcuni critici si avventurarono a mettere in dubbio la verosimiglianza della sua messa in scena.

In una delle note al suo dramma pubblicato, Hugo si appellò all'autorità del conte Daru, lo storico del Primo Impero, e agli "Statuti dell'Inquisizione di Stato" di Venezia, addotti da quello scrittore.

Diamo un riassunto di questi Statuti che, secondo il Daru, portano la data del 12 Giugno 1454:

 

- Nel sedicesimo viene decretato che quando il tribunale ritenga necessario mettere chiunque a morte, l'esecuzione non deva essere pubblica; il condannato deve, se possibile, venir annegato nel Canal dell'Orfano.

- Il ventottesimo stabilisce che se un nobile Veneziano rivela di essere stato contattato a fini di corruzione da un ambasciatore straniero, egli sia autorizzato a entrare nella relazione proposta dal corruttore; quando l'affare stia per venire ad effetto, l'agente intermediario deve venir annegato, evitando di colpire l'Ambasciatore di persona o altri diplomatici di riguardo.

- Il quarantesimo provvede all'istituzione di spie, non solo nella capitale ma in tutte le principali città della Repubblica. Questi agenti riporteranno di persona al tribunale, due volte l'anno, sulla condotta dei funzionari nei loro rispettivi distretti.In un supplemento agli Statuti, viene fatta disposizione che chiunque parli in modo tale da fomentare disordine pubblico, sia diffidato dal farlo; se questi insiste nel farlo, possa essere annegato.

 

La ventottesima disposizione serve a sbarazzare lo stato di ogni prigioniero che potrebbe essere inopportuno punire apertamente. Un carceriere deve simulare simpatia per il prigioniero e, dopo avergli somministrato un veleno ad azione lenta e non evidente, deve favorirne l'evasione.

 

Daru, ci racconta di aver trovato questi Statuti, fino ad allora sconosciuti (2)  nella Biblioteca Reale di Parigi.
(nota: 2  "Non ho notizia di alcuno scrittore," dice Daru, "anche tra i Veneziani, che abbia parlato di questi Statuti". Vedi: “Histoire de la République de Venice,” edit. 1821, vol. vi, p. 385.)
Erano rilegati in un volume in quarto, assieme a un'altra opera dal titolo: "Opinione di Fratello Paolo, Servita, Consigliere di Stato, sulla migliore maniera di governare la Repubblica Veneziana, sia negli affari interni che in quelli esteri, affinché possa godere di prosperità perpetua".Il prete Servita altri non era che Paolo Sarpi, il famoso avversario della Santa Sede nelle occasioni in cui le rivendicazioni temporali del Papa venivano a conflitto con l'ordinamento laico Veneziano; Daru, che naturalmente considerava Sarpi come un'autorità in materia, volentieri abbracciò l'idea che il rilegare in unico volume gli Statuti e l'Opinione sul Governo Veneziano, fosse prova che il Servita aveva pubblicato anche gli Statuti.

 

Vorremmo poter accettare questa autorità del Sarpi, ma dobbiamo dare la precedenza agli argomenti che dimostrano come nessuno degli scritti inclusi nel "tesoro bibliografico" scoperto da Daru fosse opera del padre Servita. (3)

(nota 3: Vedi un eccellente articolo nella British Review dell'Ottobre 1877, p. 377. La falsità di questi Statuti, e di molte delle asserzioni del Daru riguardo a venezia, è stata perfettamente dimostrata dal conte Tiepolo nel suo: "Discorsi sulla Storia Veneta” Udine, 1828.
 

Anche volendo accettare il valore del Sarpi nelle premesse, ci sono numerose buone ragioni per rigettare come falsi gli Statuti allegati.

In primo luogo, come può essere che nessun ricercatore abbia trovato riferimento a queste leggi in alcun documento di epoca precedente al manoscritto di Daru? Secondo le costituzioni proprie del Governo Veneziano, misure simili non avrebbero potuto venir decretate senza l'approvazione del Maggior Consiglio, e solo dopo essere passate per tutte le formalità di registrazione negli archivi dei Dieci, dove nessuna ricerca le ha ancora mai trovate.Inoltre, i presunti Statuti sono zeppi di errori che nessun giureconsulto Veneto del quindicesimo Secolo avrebbe mai commesso.

Così, a quel tempo, tutti i documenti giuridici e ufficiali della Repubblica erano stilati in Latino, laddove questi pseudo-statuti sono accomodati in dialetto Veneziano, che non divenne lingua ufficiale fino a un secolo dopo.

Di nuovo, quei decreti sono pronunciati in nome degli "Inquisitori di Stato", un titolo che questi magistrati non ebbero prima del 1610.

Infine, in queste ordinanze gli Inquisitori asseriscono giurisdizione sui prigionieri nei piombi, mentre quei locali non vennero adibiti a prigione fino al 1594.

Pertanto gli "Statuti" citati dal Daru sono apocrifi.Poiché essi sono il fondamento delle accuse contro Venezia, dobbiamo togliere dalle nostre menti tutte quelle immagini che sono state costruite per rappresentare la legislatura Veneziana come una congregazione di demoni, invece che un'assemblea di aristocratici seri e reverendi.

Come ritengono, i calunniatori di Venezia, di farci fare i conti con la pace interna che regnò nella Repubblica per cosi tanti secoli? Non troviamo ribellioni ne in casa ne nelle colonie; e questo nonostante la frequenza di carestie, epidemie, guerre e scomuniche.

Fosse una simile cancrena esistita come i nemici di Venezia suppongono, e annidata nel cuore stesso della Nazione per divorare gradatamente ogni vestigia di libertà e distruggendo ogni senso di sicurezza, avrebbe la Repubblica potuto rimanere così unitariamente contenta e prospera?

 

Fu nel 1468, quindici anni dopo che i cosiddetti Statuti sarebbero stati promulgati, che l'illustre Cardinal Bessarione, Patriarca di Costantinopoli, nell'atto di donare la sua preziosa biblioteca alla Repubblica, così si espresse:

 

"Quale Paese offre a uno un rifugio sicuro come il vostro, governato da equità, integrità e saggezza? Qui la Virtù, la Moderazione, la Serietà, la Giustizia e la Buona Fede hanno fissato la loro dimora. Qui il Potere anche se grande ed estensivo, è tanto giusto quanto delicato. Qui il saggio governa, il buono comanda sul perverso e gli interessi particolari sono sempre sacrificati al benessere generale".

 

 

Riflessioni come queste spinsero Paul Valery (uno dei più noti viaggiatori Francesi, miglior conoscitore dell'Italia di quanto lo sia la maggior parte degli stranieri) a scrivere nel 1838:

"Ho abbandonato i miei pregiudizi sugli Inquisitori Veneziani, e lo ho fatto con grande soddisfazione; perché è rinfrancante trovare che, infine, nella storia ci sia stato un minor numero di oppressori. Ci si deve rammaricare che uno storico illuminato come Daru abbia voluto credere negli pseudo-statuti dell'"Inquisizione di Stato" che trovò manoscritti nella Biblioteca Reale Francese, e che tutti i Veneziani istruiti considerano apocrifi e fabbricati da un ignorante nemico della Repubblica. Gli Inquisitori di Stato erano Guardiani delle Leggi, tribuni silenti cari al popolo. Gli Inquisitori difesero il popolo dagli eccessi del potere aristocratico". 

(tratto da Voyage en Itale,vol I,pg 314)

 

È dimostrato che i Veneziani moderni non sembrano aver paura di alcuna approfondita indagine sulla storia antica del loro Paese.

Anzi la desiderano, come si evidenzia nello zelo con cui hanno cominciato immediatamente, dopo la chiusura della dominazione Austriaca, a pubblicare i tesori più importanti dei loro fino ad allora impenetrabili archivi.

Fra questi c'è una collezione di documenti relativi alla storia del Palazzo Ducale. Contiene le minute delle sedute del Consiglio dei Dieci dal 1254 al 1600; in esse non si trova alcuna traccia, per esempio, degli annegamenti che sarebbero stati decretati negli pseudo-statuti.

Cercherete senza trovarle anche indicazioni di roghi al palo in Venezia, il Paese che, unico fra le terre Europee, mai testimoniò quell'orrore.

Quanto al nome del Canal dell'Orfano, nel quale così tante vittime di una malvagia ragion di stato si dice siano state annegate senza rimorso, quella denominazione non necessariamente deriva dai tanti orfani che sarebbero stati prodotti in esso per ordine degli Inquisitori; i Veneziani moderni ritengono che quel canale fosse così chiamato da secoli prima che venisse a esistere l'Inquisizione di Stato.

Molto è stato detto a proposito della conveniente opportunità offerta alla malvagità dal mettere a disposizione ricettacoli per denuncie anonime agl'Inquisitori. Certamente non vi erano più relazioni tra queste "bocche di leone" e la tirannia, di quante ve ne siano tra la tirannia e le cassette postali appese ai nostri lampioni. Quanto alle lettere anonime indirizzate agli inquisitori, già una legge del 1387 decretava che fossero immediatamente bruciate.

E anche quando, verso la fine del sedicesimo secolo, queste manifestazioni furono talvolta ammesse, nessun provvedimento poteva essere preso contro un accusato, senza l'approvazione dei quattro quinti del Consiglio.

Si deve anche rimarcare che le precauzioni prese per evitare false testimonianze e false accuse erano maggiori in Venezia che in qualsiasi altro Paese.

È stato detto che la principale riserva d'acqua era collocata dentro le mura del Palazzo Ducale, in modo che le autorità potessero spegnere ogni rivolta chiudendo al popolo le forniture dell'indispensabile elemento. Ma a fianco delle due magnifiche riserve nella corte del Palazzo, ve ne erano numerose altre in altri luoghi, e quasi ogni casa privata disponeve di propri pozzi o cisterne.

Documenti che risalgono al 1303 parlano di una Magistratura, simile agli attuali Commissari dell'Acquedotto, il cui compito principale era assicurarsi che ogni nuovo edificio abitativo fosse fornito di un pozzo.

Adesso qualche parola sui "Piombi", quelle celle di presunta tortura poste all'ultimo piano del Palazzo Ducale, immediatamente sotto la copertura di piombo.

Sarà interessante citare la testimonianza di Daniele Manin, il dittatore patriota nella rivoluzione del 1848, a proposito di queste presupposte invenzioni della malignità umana.Un critico di Parigi, dovendo recensire un lavoro che lamentava i "misteri di Venezia", e che pietisticamente si dilungava sul "Ponte dei Sospiri", sugli "orribili piombi" ecc., mostrò il suo articolo al patriota.

Dopo averlo letto, Manin gli fece questo discorso:

 

"È possibile che voi, uomo educato e serio, crediate a queste storielle insensate? Ancora credete alle fole di quando eravate a balia? Conosco bene sia questi "piombi" che questi "pozzi". Io ci sono stato prigioniero e vi posso assicurare che non erano affatto degli alloggi orribili. Credete quando vi dico che tutto questo discorso sulle crudeltà di Venezia non è che pettegolezzo”.

Poi Manin mostrò al suo meravigliato amico come la Serenissima Repubblica non avrebbe potuto sopravvivere così gloriosamente per così tanti secoli se il suo Governo non fosse stato indulgente e popolare. 

(nota: tratto da J. Morey, in “Illustrations et Célebrités du XIXe Siècle,” vol. v. Paris, 1884.)

 

Infatti, ancora ai nostri giorni i Veneziani conservano un ricordo affezionato di quel Governo; da questo si comprende il ricostituirsi dell'unità popolare nel proclamare e sostenere la loro Repubblica del 1848, mentre altrove il movimento Italiano non fu che mera attività di una fazione rivoluzionaria.

 

Questi piombi non avrebbero potuto essere ghiacciaie d'inverno e fornaci in estate, se Howard, il grande riformatore delle prigioni inglesi, dichiarò ufficialmente la loro salubrità. (6)

(nota 6: “State of the prisons in England and Wales, with preliminary observations and an account of some foreign prisons.” London, 1777.)

Tra l'altro, non è vero che siano state collocate immediatamente sotto il tetto del Palazzo.

Ruskin misurò accuratamente lo spazio tra il soffitto delle celle e il tetto, trovandolo in alcuni casi di nove metri, e negli altri mai inferiore ai cinque metri. (7)
(nota 7: Stones of Venice,” vol. ii, p. 293; note. London, 1852.)

Dodici anni prima della caduta della Repubblica Veneziana, il celebre astronomo Lalande disse, a proposito degli Inquisitori di Stato:

 

"Essi sono distinti più per la loro saggezza che per il talento. Essi sono scelti fra gli uomini la cui età garantisce libertà dalle passioni e dai pericoli del pregiudizio o della corruzione. Raramente infatti si verifica qualsiasi abuso del potere assoluto loro conferito".(8)
(nota 8: “Voyage en Italie, Contenant l’Histoire et les Anecdotes les plus Singulières de l’Italie.” Paris, 1786.)

 

Il lettore ricordi che tale lode viene da un "filosofo".

 

L'eminente storico Botta dice:

 

"Venezia fu senza seri conflitti per molti secoli. Essa fu oggetto di attacco per le Nazioni più potenti - i Turchi, i Germani e i Francesi. Fu sulla strada di conquistatori barbari, e nel mezzo di rivoluzioni delle genti. Tuttavia uscì sana e salva da ogni tempesta politica; tale era la perfezione delle sue antiche leggi, così a fondo avevano spinto le radici date loro dal tempo, che Venezia non dovette mai cambiare il proprio carattere.È mia ferma convinzione che non sia mai esistito un governo più saggio di quello di Venezia, sia che si consideri la sua preservazione che la felicità dei suoi sudditi. Per questa ragione Venezia mai ebbe pericolose fazioni nel suo seno, e per la stessa ragione mai nutrì paura delle nuove idee...

Non so se si dovrebbe provare pietà o indignazione verso coloro che tanto ferocemente inveiscono contro l'Inquisizione di Venezia e che pretendono di considerare l'esistenza di quel tribunale come giustificazione per la morte inflitta all'antica e sacra Repubblica". 

(tratto da: “Storia d’Italia da 1789 a 1814.” Firenze, 1816)
 

La ragione sovrana per l'ostilità esercitata da così tanti moderni verso la memoria della Repubblica Veneta è il fatto che fosse preminentemente "clericale", come è moda "liberale" al giorno d'oggi di definire qualsiasi cosa non sia manifestamente ostile alla Chiesa Cattolica.

Secondo i clamorosi filosofisti della scuola liberale, "clericalismo" è uno scherno alla ragione, una negazione della luce del Sole, un imprecare alla libertà, un'esaltazione del dispotismo, una subordinazione di ogni potere civile a una teocrazia, un'ignoranza di tutte le conquiste della scienza moderna, un calpestare la dignità umana; infine - e questo somma tutte le iniquità del "clericalismo" - è un ritorno all'oscurità caliginosa del Medio Evo.

Cos'altro che malinconia può indurre in un radicale lo spettacolo di una città ansante negli incubi di duecento chiese, trenta istituzioni religiose maschili, trentacinque monasteri femminili e innumerevoli confraternite? E, cosa ancor più triste da riportare, ciascuno di questi monumenti della devozione religiosa dei Veneziani deve la sua origine da qualche voto di ringraziamento per il favore ottenuto da Dio.

Bene la Repubblica meritò il titolo di Cristianissima, conferitole da Papa Onorio nel settimo Secolo, il terzo della sua esistenza. Trentanove volte l'anno la capitale vedeva il Doge e il Senato al completo, recarsi a qualche chiesa in pompa magna, per adempiere a voti fatti in occasione di pericolo per lo Stato. (10)
 

(nota 10: Le Cerimonie per la Settimana Santa erano particolarmente splendide. Saint-Didier, nel suo “La Ville et République de Venice,” scritto nel 1679, dice che per le luminarie in Venezia la notte del Venerdì Santo, si usava consumare più cera bianca di quanta se ne consumasse in tutta Italia nel corso di un anno.)

 

Sempre gli osservatori stranieri furono edificati dalla pietà manifestata nel compimento di questi doveri.

Philippe de Commines scrisse nel 1494:

 

"Venezia è la città più gloriosa che io abbia mai visto, ed è la più saggiamente governata. La devozione di Dio è condotta qui più degnamente che altrove; anche se i Veneziani possono avere le loro colpe, io credo che Dio li aiuti tenendo conto della loro riverenza per la Chiesa". 
(tratto da: “Mémoires,” b. vii, ch. 8, at year 1494.)

 

Quando la Repubblica fu vecchia di dodici secoli, questo spirito era ancora forte come quando la dubbia prosperità della sua infanzia la attrasse verso gli altari di Dio.

Albrizzi scrisse nel 1771:

 

"la caratteristica più degna di nota di questa augusta Repubblica è il suo fermo e inviolabile attaccamento per la Chiesa Cattolica.

I comandanti dei suoi eserciti, i governatori delle sue fortezze, nelle loro guerre con i Turchi, hanno difeso la Fede con il loro sangue, e spesso tra le più crudeli torture.

Nei momenti più critici questo saggio governo ha prestato la massima attenzione verso la preservazione della Fede in Gesù Cristo nella sua purezza... Quello zelo è visibile ancora oggi... I monumenti più cospicui di Venezia provano la pietà del suo governo in ogni periodo della sua esistenza.

Il ricordo delle molte vittorie di Venezia è rinnovato ogni anno da qualche cerimonia religiosa, condotta con l'appropriata maestosità.

Il Doge, a capo del Senato, adempie questo pio dovere... Possiamo quindi dire che i Veneziani sono molto assidui nelle loro pratiche religiose; in ogni giorno di festa, e specialmente nel giorno della Santa Vergine, loro protettrice,le chiese si riempiono di persone d'ogni classe e condizione, tutte avvolte nel raccoglimento della memoria". 

(tratto da: Il Forestiere Illuminato della Città di Venezia.” Venezia, 1771)

 

Come altri Paesi, Venezia passò attraverso molte lotte con la Santa Sede, ma queste mai riguardarono questioni di Fede.

Anche durante il terribile allontanamento da Roma nel Pontificato di Paolo V, l'interdetto lanciato da quel Pontefice non spinse Venezia, come predicevano i Riformatori, nei ranghi del Protestantesimo. 

Come sarebbe stata possibile una simile defezione, si domanda Cantù,"quando Venezia era profondamente Cattolica? Le sue origini, i suoi Patroni, le sue Feste Nazionali, le sue Belle Arti, tutto la proclama tale..." E continua: "quale persona di buon senso potrebbe sostenere che quella Religione stava per perire, mentre proprio allora si andavano edificando tante chiese sontuose? Potrebbe un governo eminentemente conservativo, mentre lo spirito pubblico era così identificato con il Cattolicesimo, aver anche solo sognato una rivoluzione così radicale? Abbiamo studiato molti documenti sull'Interdetto di Venezia, e, se abbiamo trovato molta audacia e molto scontento, abbiamo sempre potuto discernere la sottomissione Cristiana e il desiderio di riconciliazione". (14)
(nota 14:Gli Eretici d’Italia,” vol. iii, p. 188. Turin, 1866.)

 

 

Ma questo spirito Cristiano dispiace ai liberali dei nostri giorni, ed essi hanno quindi rievocato le accuse fatte contro Venezia dal Bonaparte, il capobanda nel grande crimine con il quale l'antica Repubblica fu rimossa dalla lista delle Nazioni"

(15)

((NOTA 15: (nota tratta dal sito http://venicexplorer.net/tradizione/venezia-malvagia.php?hlangs=it e non scritta da Parsons: Qui il rev. Parsons dimostra di non aver potuto o voluto approfondire gli studi sul Buonaparte e le dinamiche che ne mossero e promossero le azioni. Se infatti mi appare lecito il definire Napoleone "capobanda" in senso politico e militare, è del tutto ingiustificato chiamarlo promanatore della calunniosa "leggenda nera di Venezia".Autore principale di questa impietosa strategia concettuale non fu infatti l'Imperatore pro-tempore Bonaparte, ma una squadra di demagoghi assai meno in evidenza sulla scena.

Elementi di spicco di questa immane falsificazione ideologica sono, come già mostra il Parsons, Pierre Antoine Benoit Daru e Victor Hugo. Dal lato francese ve ne furono molti altri, i cui nomi vediamo passare indenni dalle gerarchie napoleoniche a quelle dei pari della Restaurata Corte di Francia. Tra gli italici pèarticolarmente attivi nel propagandare e coprire la menzogna storica, possiamo oggi aggiungere Alessandro Manzoni come capostipite, per scendere poi attraverso Francesco de Sanctis e la retorica del Fascismo fino alle odierne "accademie".Napoleone, ben lungi dall'essere orditore della calunnia, esaurito il suo interinato come Imperatore, cadde a sua volta vittima della macchinazione diffamatoria, che non si peritò di usare e abusare la sua figura fino a renderla fumosa e mitica, contemporaneamente, da due opposti punti di vista completamente contraddittori tra loro. Diavolo per gli uni, angelo per gli altri.))

 

Lasciamo al giudizio del lettore valutare se quelle accuse siano veritiere e se tra tutti i governi, quello in cui meglio fiorì l'eguaglianza di fronte alla legge, quello che fu il più patriottico dell'intera Cristianità e il più longevo, sia proprio quello che la brava gente più debba detestare."

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