Plebiscito 1866
Nel 1866 il Veneto viene “liberato” dal dominio austriaco per passare sotto quello sabaudo (attraverso la Francia), nonostante la sconfitta di Custoza e di Lissa, in cui la marina austro-veneta, composta in gran parte parte da marinai e ufficiali veneti, sconfisse la marina italiana, festeggiando al grido di “Viva San Marco”.
All’occupazione militare il 21-22 ottobre 1866 (si tengano ben in mente queste date per continui confronti!) segue un plebiscito-farsa per legittimare l’annessione (641.757 voti favorevoli, 69 contrari e 366 nulli),il fatto che fu una semplice farsa è riscontrabile da diverse fonti:
- Il 24 luglio 1859,pochi giorni dopo l'armistizio di Villafranca,Napoleone III scrive all'imperatore austriaco Francesco Giuseppe la seguente lettera:
"La posizione della Venezia sarà anche, ne ho timore, molto difficile da determinarsi. Poichè Vostra Maestà mi ha detto a Villafranca che la questione della Venezia sarà precisamente quella del Lussemburgo nei confronti della Confederazione germanica, tutto dipenderà dalla maniera, nel quale il vostro rappresentante esaminerà la questione e intenderà risolverla".
- Il 27 settembre 1859 Metternich scrive al ministro degli esteri austriaco Rechberg la seguente lettera:
"A Villafranca, a proposito della posizione, che dovrebbe prendere la Venezia nella Confederazione italiana, i due Imperatori hanno nominato il Lussemburgo per precisare in qualche modo l'analogia che esisterebbe fra queste due Provincie".
Questa testimonianza è un passaggio di straordinaria importanza: significa che a livello europeo si ipotizzava per il Veneto uno status quo come quello del Lussemburgo,significativamente diverso da come invece andarono realmente le cose..
- E' interessante analizzare anche cosa sostenne il 30 novembre 1860 Cavour:
"Cavour sulla cessione del Veneto"
"Soltanto dai giornali io apprendo che il gabinetto inglese desidera la cessione mediante compenso e si adopera in questo senso.Finora non s'è fatto verun passo ufficiale. E per mio conto non lo desidero nemmeno. Io bramo la guerra coll'Austria per motivi di ordine interno; senza di ciò sarà più difficile la fusione del Nord col Sud. Ritengo inoltre che al momento presente la cessione non sia possibile".
(tratto da "Il risorgimento italiano" di Denis Mack Smith,pg 623)
E' una testimonianza interessante non solo per il fatto che non si parla di plebiscito,ma anche per il fatto che si denota già l'idea di guerra per "fare gl italiani"
- Il 15 luglio 1866,La Gazzetta del Popolo di Firenze,(giornale ufficioso del Presidente del Consiglio) scriveva:
"Supponiamo un momento che i Veneti si pronunziassero per regno separato. Potrebbe l'Italia permettere cotesta diserzione? O non dovrebbe invece ritenere per forza d'armi una provincia che è necessaria alla politica esistente della nazione?"
- L’Unità Cattolica” scriveva nel numero del 3 agosto 1866:
“E’ ormai certo che i Veneti verranno consultati sulla loro volontà con un plebiscito, plebiscito che, a dire della Gazzetta di Firenze, num. 209 del 31 luglio – sarà più una formalità per appagare la diplomazia, che una cosa di sostanza-. Epperò anche prima del plebiscito i Popoli, i Mordini, gli Allievi, i Sella vanno a governare i popoli della Venezia in qualità di Commissari straordinari, ed il Ministero regala ai Veneti l’abolizione del Concordato e la soppressione degli ordini religiosi. (..)
“Noi, umili giornalisti, ci contenteremo di scrivere poche parole sui plebisciti moderni, i quali debbono il loro risorgimento principalmente a Napoleone III, che ha diritto di essere chiamato l’Imperatore dei plebisciti.
E’ bensì vero che suo Zio, conoscendo la plebe, massime dopo la rivoluzione, fin dai suoi tempi introdusse il plebiscito quando volle approvato il suo colpo di stato del 18 brumaio, la costituzione dell’anno VIII, e più tardi i senato-consulti che stabilirono successivamente il Consolato a vita e poi l’Impero.
Ma Napoleone III perfezionò l’arte dei plebisciti, e mentre lo Zio faceva sottoscrivere i votanti nei registri, il nipote giudicò più comodo ridurre la votazione a semplici bollettini con un si e un no.
Non si dà esempio di un plebiscito il quale riuscisse contrario a coloro che lo proposero. La dolcissima plebe in grandissima maggioranza ha sempre risposto di si a tutti coloro che l’interrogarono. Il popolo ama i si, e li regala a milioni ai suoi governanti.”
cita poi quattro plebisciti che si svolsero in Francia: Nizza e Savoia dove i votanti non ebbero il minimo dubbio sulla necessità di riunirsi alla Francia.
- Sempre il 3 agosto 1866 l'ambasciatore asburgico a Parigi, Metternich scrive al suo ministro degli esteri Mensdorff-Pouilly sull'ipotesi di arrivare a
"l'indipendenza della Venezia sotto un governo autonomo com'era la vecchia Repubblica"
Il 23 agosto 1866 viene firmato a Praga il trattato internazionale fra Austria e Prussia che prevede il passaggio del Veneto alla Francia che poi lo consegnerà ai Savoia.L'Austria si rifiutò di cedere direttamente il Veneto all'italia poiché gli Austriaci avevano sconfitto gli Italiani durante la guerra
- Il 3 settembre 1866 esce a Firenze la gazzetta ufficiale del regno d'Italia dove c'è scritto:
"Vittorio Emanuele II“Signor mio fratello,
Ho inteso con piacere che V.M. [=Vostra Maestà] ha aderito all’armistizio ed ai preliminari di pace firmati tra il Re di Prussia e l’Imperatore d’Austria. E’ dunque probabile che una nuova era di tranquillità va ad aprirsi per l’Europa.
V.M. sa che io accettai l’offerta della Venezia per risparmiare un’inutile effusione di sangue.
Il mio scopo fu sempre quello di renderla indipendente, affinché l’Italia fosse libera dall’Alpi all’Adriatico e padrona de’ suoi destini. Padrone del suo destino, il Veneto potrà ben presto, mediante il suffragio universale, esprimere la propria volontà.
V.M. riconoscerà che in tali circostanze l’azione della Francia si è ancora pronunciata a favore dell’umanità e dell’indipendenza dei popoli.
Le rinnovo le assicurazioni di alta stima e di sincera amicizia coi quali sono di V.M. il buon fratello
NAPOLEONE"
II preliminare di pace, cui Napoleone III si riferisce, erano stati annunciati dalla “Gazzetta Ufficiale” già del 24 luglio, con queste parole:
“ I negoziati fra la Prussia, la Francia e l’Austria sulle condizioni dell’armistizio sono terminati. La Prussia accetta l’integrità dell’Impero austriaco, eccetto il Veneto, e domanda che il Governo italiano acconsenta alla sospensione delle ostilità”.
Ne consegue che, quando firmava il trattato di pace, il 3 ottobre, il re Savoja sapeva, e già da oltre due mesi, che al Veneto era stata riconosciuta l’indipendenza, riconosciuta sulla “Gazzetta Ufficiale”, quale “padronanza del proprio destino” (tale infatti era la definizione, applicata all’Italia in generale e specificamente al Veneto, da Napoleone III).
- Il 15 settembre 1866 ,il generale francese Edmond Le Boeuf scrive a La Vallette:
"Nutro inquietudine per l'ordine pubblico: le municipalità fanno entrare le truppe italiane o si intendono col re, che governa una gran parte: egli deve lasciar fare. Il plebiscito non si potrà fare che col re e col governo".
- Il 30 settembre 1866 il presidente italiano Bettino Ricasoli trasmette un comunicato in cui scrive:
"…Sono i Municipii, che devono apparecchiare ed eseguire il Plebiscito, e per questo lato io sono perfettamente tranquillo per le sei provincie, che già sono rette da funzionari a nome del Governo italiano. Vi sono tre provincie ancora, Venezia, Verona e Mantova, che sono oggi in uno stato prossimo all’anarchico. Vi occorre la installazione dei Commissarii italiani, e la composizione immediata di Municipii di buona fattura, cosa può aversi se non col mezzo dei Commissarii. Per queste ragioni credo non si possa convocare il Plebiscito, se non immediatamente dopo l’ingresso delle truppe nostre nelle tre città suddette e l’arrivo dei Regi Commissarii. (…) Inoltre si baderà bene che il Commissario francese abbia ad usufruire largamente della sua ridicola posizione; e nulla possa intervenire per renderlo anco minimamente serio. (…) Conviene tentare tutte le vie per annullare la presenza del Leboeuf ed io pubblicherò anco prima il Plebiscito, se ciò potesse valere a questo fine; ma finche non abbiamo i Commissari a Venezia, a Verona e Mantova, temo inconvenienti. Credo però che più si stringeranno relazioni tra i due generali austriaco e italiano: più che l’austriaco vedrà l’impegno nostro di far partire le truppe austriache con decoro e più annulleremo la presenza stupida e inutile del Commissario francese vero camorrista su larga scala, che vuol profittare dell’altrui fatiche senza aver fatto uno zero."
- Il 3 ottobre 1866 viene firmato a Vienna il trattato di pace fra l'Italia e l'Austria che prevede la cessione del Veneto.La cessione però dovrà essere,cito testalmente:
"sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate" (..)
Il plebiscito avrebbe dovuto svolgersi sotto il controllo di una commissione di tre membri che:
"determinerà, in accordo con le autorità municipali, il modo e l'epoca del plebiscito, che avrà luogo liberamente, col suffragio universale e nel più breve tempo possibile".
In pratica quindi l'Austria riconosceva ai Veneti il diritto di scegliere e nominava una commisione internazionale presieduta tra gli altri da un francese(sancito nel patto di Praga)
Di ben altro avviso era il presidente italiano Bettino Ricasoli che dichiarerà:
"Quando si tratta del plebiscito si tratta di casa nostra; non è già che si faccia il plebiscito per obbedienza o per ottemperare al desiderio di qualche autorità straniera...La pazienza ha il suo limite. Perbacco! La cessione del Veneto fu nel Parlamento inglese chiamata un insulto all'Italia. Concedendo la presenza del generale francese all'effetto delle fortezza, mi pare di concedere molto"
- Il 5 ottobre 1866 viene pubblicata la circolare del commissario del re per la provincia di Belluno (da aggiungere)
E' interessante notare cosa rispondono i comuni:
Auronzo 8/ottobre. " Tanto si affretta lo scrivente Municipio di partecipare a S.V. e fin da questo momento può assicurare sull'esito pieno del suffragio di questo Comune a favore dell'unità del Regno d'Italia"
Lozzo 10/ottobre "In pari tempo si fa dovere la sottoscritta di assicurare S.E. che della medesima non mancherà di adoperarsi affinchè la votazione abbia a riuscire di unanime accordo della dedica a S.M. il Re Vittorio Emanuele II"
Pous 12/ottobre.. "(..)a presidenti del Comizio di questo Comune nel giorno che verrà stabilito e nel quale concorrerà questa popolazione unanime a deporre nell'urna quel Sì cui farà conoscere il desiderio di unirsi al tanto sospirato Regno d'Italia."
- A questo punto è utile anche leggere cosa scrive il generale Genova di Revel nel suo diario:
“Quando la sera del 16 di ritorno da Verona, giunsi all'albergo [a Venezia], vi trovai 1300 copie del manifesto Reale pel Plebiscito [...]. Telegrafai subito a Cugia [Efisio Cugia, Ministro della Guerra italiano dal 22 agosto 1866]: ''Ricevuto manifesto, ignorandone esistenza non potei preparare Generale francese. Temo protesta motivo data da nessuna menzione in esso della Francia. Voglia Vostra Eccellenza tenere a calcolo difficoltà della posizione''
- Il 17 ottobre 1866 esce a Verona la "Gazzetta di Verona" in cui in un articolo dove veniva introdotta la bozza del plebiscito c'era scritto:
"...SI vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell'Italia.
NO, vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell'Italia".
Leggiamo ancora cosa scrive Genova di Revel nel suo diario:
"(..) Altro che cessione! Il 17, alle 8 del mattino, mi vedo arrivare Leboeuf con in mano un giornale, nel quale era stampato tutto il Decreto Reale! Era fuori di sé; non parlava, non gridava, ma urlava, che era una violazione del trattato, un insulto alla Francia, e protestava che senza un ordine preciso del suo Imperatore, non cedeva il Veneto. [...] Avevo davanti ai miei occhi il Regio Decreto in data 7 ottobre, firmato Vittorio Emanuele, che fissava il 21 e 22 stesso mese per la votazione del Plebiscito, e non solo lo leggevo stampato nel giornale, ma sapevo che era affisso in tutta la provincia di Treviso; ne avevo 1300 copie per Venezia ed estuario; Leboeuf me ne aveva portato una copia; e si voleva [dal governo italiano] che dicessi al Commissario francese ch'egli si sognava un Regio Decreto che non esisteva!”.
Il 18 ottobre 1866 il generale Edmond le Boeuf annuncia a Napoleone III di aver protestato contro il plebiscito decretato dal re d'Italia: Napoleone però gli risponde di lasciar perdere.La Francia praticamente rinuncia al proprio ruolo di garante internazionale e consegna il Veneto ai Savoia.
Era infatti accaduto (come si scopre dal frammento di sopra riportato) che il giorno prima, il 17 ottobre, il generale Le Boeuf avesse letto in un giornale tutto il testo del decreto reale del 7/10 con cui Vittorio Emanuele II fissava il plebiscito per i giorni 21 e 22 ottobre: veniva a saperlo dalla stampa perché il governo italiano non si era degnato di comunicarglielo
- Il 19 ottobre 1866 esce a Firenze la gazzetta ufficiale del regno d'Italia n.288 dove c'è scritto:
Al Presidente del Consiglio dei Ministri è pervenuto oggi alle ore 10 ¾ antimeridiane il seguente dispaccio da Venezia:
“La bandiera Reale italiana sventola dalle antenne di piazza San Marco, salutata dalle frenetiche grida della esultante popolazione. Generale Di Revel”
Il Presidente del Consiglio dei Ministri rispose immediatamente con questo dispaccio:
“Alla rappresentanza municipale di Venezia:
Il Governo del Re saluta Venezia esultante mentre la bandiera nazionale italiana sventola dalle antenne di Piazza San Marco simbolo di Venezia restituita all’Italia, dell’Italia restituita finalmente a se stessa. Ricasoli”
- Il 20 ottobre 1866 nel quotidiano "Gazzetta di Venezia" uscì un anonimo trafiletto con scritto
"Questa mattina (il 19) in una camera dell'Albergo Europa si è fatta la cessione del Veneto"
Cioè... prima del plebiscito (del 21-22) il Veneto era già stato "passato" dalla Francia all'Italia in una stanza dell'Hotel Europa lungo il Canal Grande. Il generale francese Leboeuf consegnò il Veneto a tre notabili: il conte Luigi Michiel, veneziano, Edoardo De Betta, veronese, Achille Emi-Kelder, mantovano. Questi a loro volta, lo "deposero" nelle mani del commissario del Re conte Genova Thaon di Revel. E il tutto viene confermato dalla gazzetta ufficiale del regno d'Italia.
E’ un'ulteriore prova che il plebiscito fu una truffa!I Veneti infatti andarono a votare il 21 e 22 ottobre 1866
Una volta appurato che di fatto l'esito del plebiscito era già stato deciso a tavolino,vediamo ora come si svolsero effettivamente le votazioni:
- In un manifesto che invitava a partecipare con entusiasmo al voto sta scritto
"SI vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell'Italia
NO vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell'Italia"
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- In "Malo" 1866 di S. Eupani,
“le autorità avevano preparato e distribuito dei biglietti col sì e col no di colori diversi; inoltre ogni elettore, presentandosi ai componenti del seggio, pronunciava il proprio nome e consegnava il biglietto al presidente che lo depositava nell’urna”
- In "elezioni comunali in villa" di Domenico Pittarini
(Notiamo che il Pittarini “…fu membro del Comitato Liberale Vicentino e che fu arrestato dalle autorità austriache nel 1859: non siamo dunque di fronte a un austriacante, bensì ad un liberale veneto che si accorgeva di come sotto il dominio italico le cose non andassero poi così bene"
cit. Ettore Beggiato)
I contadino: Ciò, chi ghetu metesto ti sulle schene?
II contadino: Mi gnente, me la ga consegnà el cursore scrite e tuto.
I contadino: E anca mi istesso, manco fadiga.
II contadino: Manco secade.
- In "L'arciprete e il cavaliere,il veneto nel risorgimento (1985) di Federico Bozzini
"Come già si disse, vi dovevano essere due urne separate, una sopra un tavolo, l'altra sopra l'altro. Se per caso non avesse urne apposite, potrà adoperare un quartarolo del grano (una specie di secchio per la misura del grano. Ndr.) Sopra una sarà scritto ben chiaro il SI e sopra l'altra il NO".
- In un documento d'archivio del comune di Trebaseleghe:
"Nei villaggi cadevano pure in quel giorno le stesse votazioni ed un Parroco vecchio che da noi poco dista, per essere tranquillo che le sue pecore sapessero ciocché facevano, credette volgere loro queste parole istruttive:
Oggi si tratta di plebiscito e sapete cosa significhi ...plebiscito. Suona per v...oto di plebe di tutti per deliberare sopra un argomento: adesivo o non adesivo!
Or bene oggi siete chiamati a dare il voto per essere soggetti al novello Re:
- se ponete il cartello del si, egli sarà il vostro Re;
- se ponete il cartello del no, egli sarà il vostro Re;
- se ponete i due cartelli del sì e del no, egli sarà il vostro Re.
Io però vi consiglio di accorrere tutti con un sì"
Ma chi votò e quali furono i dati ufficiali di questo plebiscito?
- Dai dati della corte di appello di Venezia del 27 novembre 1866:
su una popolazione di 2.485.983 abitanti vennero ammessi al voto solo 646.789 persone di cui avrebbero votato contro in 70 oltre a 72 voti nulli
-Dai dati di D. Mack Smith,Storia d'italia: favorevoli 641.000,contrari 69
-Dai dati di G. Candeloro, Storia dell’Italia moderna :favorevoli 647.426, contrari 60
-Dai dati di TCI, Veneto : favorevoli 674.426, contrari 69
dalla lapide posta sul monumento veneziano a Vittorio Emanuele II: favorevoli 641.758,contrari 69
dalla lapide in piaza delle Erbe a Padova:favorevoli 647.246,contrari 69
(per le lapidi e foto inequivocabili di documenti storici si veda l'apposita sezione)
Correva l'anno 1866, era il 21 ottobre. Su una popolazione di 2.603.009 abitanti, alle urne furono chiamati soltanto 647.426 cittadini, perché all'epoca il diritto di voto spettava solo a chi aveva censo, e quindi pagava le tasse. Il risultato fu la quasi unanimità dei sì, con soli 69 contrari, un dato che già da solo basta ad avanzare sospetti sulla regolarità delle votazioni, che secondo molti furono condizionate dalla mancata segretezza del voto e dalla scarsa trasparenza nelle operazioni di scrutinio
(tratto da da l’articolo di Paola Setti “Il Veneto vuole la secessione dal Regno d’ Italia.”,comparso il 30/12/2007 sul Giornale)
http://www.ilgiornale.it/news/veneto-vuole-secessione-regno-d-italia.html
Un fatto rilevante è che nel 1903 lo storico Luigi Sutto di Rovigo, fu incaricato di costituire il Museo del Risorgimento, e quindi di ricostruire dati e episodi del Plebiscito,andò però incontro a un insuccesso quasi totale.Il decreto del 1866 prevedeva che i pretori trasmettessero alla Corte d'Appello i verbali dei risultati Comune per Comune. Luigi Sutto ebbe riconoscimenti e consigli anche in sede ministeriale, ma non ebbe mai in visione i fascicoli. E annotò sconsolato:
"... nè Pretura né Municipi li hanno! Nelle mie ricerche e investigazioni...ho potuto conoscere solamente i voti dei singoli Comuni del Friuli, nessun giornale del Veneto fece altrettanto, nemmeno la Gazzetta di Venezia, che nemmeno pubblicò i voti dei Comuni appartenenti alla provincia di Venezia..."
Un'ulteriore prova a sostegno della tesi che vuole che il plebiscito fu una mera truffa è la medaglia commemorativa creata in occasione dell'annessione del regno lombardo veneto al regno d'italia.
Essa è composta da una triplice immagine: al centro il Leone di San Marco (con tanto di aureola), sopra una stella a cinque punte e sotto una specie di cippo, sul quale poggia il Leone marciano, che reca queste parole: “3 OTTOBRE 1866”. Attorno alla triplice immagine, c’è la scritta: “VENEZIA RESTITUITA ALL’ITALIA”.
3 ottobre 1866. Vale a dire 18 giorni prima del plebiscito
A chi volesse approfondire segnalo i seguenti libri e link:
- http://www.serenissimogoverno.eu/index.php?option=com_content&task=view&id=360&Itemid=38
- La cessione del Veneto Ricordi di un Commissario Regio Militare – Genova di Revel
- 1866: la grande truffa Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia – Ettore Beggiato
- I Veneti nella preparazione e nella guerra del 1866 (con documenti inediti e rari) – Giuseppe Solitro
Riporto a titolo di esempio un fatto estraneo al veneto,che però testimonia bene come l'italia non fosse nuova a simili infamie e violazioni dei trattati internazionali:
"Alla folla invisibile nelle tenebre annunziò che a Donnafugata il Plebiscito aveva dato questi risultati: Iscritti 515; votanti 512; Si 512, No zero. Eppure Ciccio Tumeo assicura: "Io, Eccellenza, avevo votato No. E quei porci in municipio s'inghiottono la mia opinione, la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro. Io ho detto nero e loro mi fanno dire bianco!".
(Giuseppe Tomasi di Lampedusa - Gattopardo(1958)
Anche l’amico di Garibaldi, l’ammiraglio inglese Mundy, che prese parte al progetto sabaudo(per l'annessione di Napoli) affermò:
“Secondo me un plebiscito a suffragio universale regolato da tali modalità non può essere ritenuto veridica manifestazione dei reali sentimenti di un paese"
(Francesco Maria Agnoli, ” L’epoca delle Rivoluzioni”, Il Cerchio iniziative editoriali , 1999, pag. 47)
Filippo Curletti, membro della polizia che presidiò i plebisciti,rifugiato in Svizzera e condannato in contumacia quale mandante di una banda di malviventi piemontesi, per vendetta scrive un memoriale (in francese).
“Ci eravamo fatti rimettere i registri delle parrocchie per formare le liste degli elettori. Preparammo tutte le schede per le elezioni del parlamenti locali, come più tardi pel voto dell’annessione. Un picciol numero di elettori si presentarono a prendervi parte: ma, al momento della chiusura delle urne, vi gittavamo le schede, naturalmente in senso piemontese, di quelli che si erano astenuti. Non è malagevole spiegare la facilità con cui tali manovre hanno potuto riuscire in paesi del tutto nuovi all’esercizio del suffragio universale, e dove l’indifferenza e l’astensione giovavano a maraviglia alla frode, facendone sparire ogni controllo"
(..) “per quel che riguarda Modena, posso parlarne con cognizione di causa, poiché tutto si fece sotto i miei occhi e sotto la mia direzione. D’altronde le cose non avvennero diversamente a Parma ed a Firenze”.
("La verità sugli uomini e sulle cose del regno d'Italia. Rivelazioni di J. A. Antico agente secreto del conte Cavour")
"Per quanta riguarda la Toscana:Lì una pressante campagna di stampa aveva dichiarato “nemico della patria e reo di morte chiunque votasse per altro che per l’annessione. Le tipografie toscane furono poi tutte impegnate a stampare bollettini per l’annessione: e i tipografi avvisati che un colpo di stile sarebbe stato il premio di chi osasse prestare i suoi torchi alla stampa di bollettini pel regno separato. Le campagne furono inondate da una piena di bollettini per l’annessione. Chiedevano i campagnuoli che cosa dovessero fare di quella carta: si rispondeva che quella carta dovea subito portarsi in città ad un data luogo, e chi non l’avesse portata cadeva in multa. Subito i contadini, per non cader in multa, portarono la carta, senza neanche sapere che cosa contenesse"
(testimonianza raccontata dalla Civiltà Cattolica,riportata nel libro "Polentoni" di "del Boca")