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Domenico Tiepolo

Il 17 ottobre 1797 con il Trattato di Campoformio il Veneto viene ceduto all'Austria, intanto Napoleone nel 1802 crea la Repubblica italiana e ne si proclama presidente.
Domenico Tiepolo fu un patrizio Veneto che ricoprì incarichi nel Governo fino alla caduta di Venezia per mano dei francesi.
Si pose l'obbiettivo di rettificare le fonti adulterate e le traduzioni infedeli di un'opera francese spacciata per storiografica nel mondo accademico mondiale: la "Histoire de la Republique de Venise" pubblicata nel 1819 in sette volumi da Pierre Antoine Noel Bruno, meglio noto come "Conte Daru".

La vocazione storiografica veneziana e la lunga dimestichezza con gli archivi, compresi quelli Secreti, cui il Tiepolo ha avuto accesso per i suoi incarichi professionali e politici, fanno di lui uomo all'altezza di tale impresa.
Infatti egli la compie, con una minuzia e una precisione che non lasciano dubbi nel lettore attento.

 

L'Opera si compone in due Volumi con oltre novecento pagine complessive, che contengono sei Rettificazioni fondamentali per la luce in cui Venezia viene osservata nella sua Storia.

 

La prima Rettificazione, in circa 85 pagine, ripristina lo stato delle fonti sui primordi della Repubblica. Il Daru aveva voluto mostrare Venezia come nata in sudditanza e in sudditanza sempre rimasta dovendo, secondo lui, la "parvenza" di libertà ai tributi che essa avrebbe sempre pagato all'uno o all'altro dominante.

La Storia offre molte testimonianze autorevolissime che mostrano falsa questa immagine, ma il Tiepolo non ha bisogno di ricorrere ad altre che alle sole fonti citate dal Daru stesso.

Confrontando gli originali con gli estratti falsificati del Daru viene alla luce la profonda disonestà intellettuale che pervade tutta l'opera la Histoire de la Republique de Venise.
Questa sola Rettificazione sarebbe sufficiente a squalificare l'Autore della Histoire; appare evidente che il Daru non ha tratto i suoi ragionamenti dalle fonti, ma ha adattato queste ultime a uno scopo che già aveva in mente.

Scopo non difficile da intuire se si ricorda che il Daru era stato Comandante dell'armata napoleonica che saccheggiò, in nome della Repubblica e della Libertà, Venezia città repubblicana e libera, solo per poi subito venderla allo stato meno repubblicano e meno libertario dell'epoca: l'Impero Austro Ungarico.

 

L'Intenzione dichiarata dal Tiepolo, tuttavia, non è quella di provare il complotto internazionale o la malafede dell'Autore. Il suo è un procedere da storico alla correzione di innumerevoli inesattezze e falsità "tecniche" che viene riscontrando in un'opera per altri versi scritta in bello stile da un Autore brillante, come spesso va ripetendo il Tiepolo con una ironia sulla quale rifletteremo in seguito. 

 

Nella seconda Rettificazione, in 111 pagine, ripristina le notizie sulle origini e le modificazioni delle forme di Governo Veneto. Dalle stesse fonti del Daru emerge una Repubblica che costantemente si evolve e si amplia, così diversa da quella retrograda, oscura e impelagata nell'oligarchia, tratteggiata nella Histoire.

 

Nella terza Rettificazione, di 243 pagine, rileva tutti gli errori, le omissioni e le falsificazioni commessi dal Daru in merito alla Politica interna ed estera di Venezia.

Dalle fonti emerge la sostanziale indole pacifica e leale della Repubblica, la sua straordinaria coesione interna, l'efficenza e la popolarità delle Magistrature.

Sono qualità che il Daru stesso in più di un suo passo non ha potuto non enumerare, lasciando egli queste affermazioni sparse nella sua opera forse per rendere ancora più fumosa e contraddittoria la descrizione storica complessiva di Venezia, che ha tutta fortemente tinto con i colori foschi della tirannide e dell'intrigo.

 

la quarta Rettificazione che, con 118 pagine, riporta al vero le figure e le funzioni del Consiglio di Dieci e degli Inquisitori di Stato, che il Daru aveva inteso denigrare con particolare accanimento, proprio perché furono il fiore all'occhiello della Repubblica;

 

la quinta Rettificazione in 202 pagine, che prova esaurientemente, sempre solo attingendo alle stesse fonti citate dal Daru, la realtà della congiura ordita dall'ambasciatore spagnolo Bedmar duca di Cueva al fine di impadronirsi di Venezia con un colpo di mano interno nel 1618.

Tale congiura richiese un'importante serie di esecuzioni capitali e viene usata dal Daru per illustrare la crudeltà che egli vuole attribuire ai Veneziani, col dire che tale congiura era stata da loro simulata per loschi fini diplomatici.

Nel corso della disamina, con il montare delle falsificazioni accertate, sempre più si evidenzia la disonestà dell'Autore dell'Histoire.
Le fonti del Daru, quando si perita di citarle, sono eterogenee e numerosissime. Cronache, apocrifi, sentito dire, si mescolano a documenti mutilati o contraffatti.

Ma il demagogo e il suo staff hanno trovato, in Domenico Tiepolo e negli archivisti veneziani, i tessitori che sanno dipanare la matassa di fili spezzati offerto come bibliografia dall'Histoire. Con grande perizia essi li annodano a ricomporre la trama della Verità raccontata dai documenti.

 

Nella Sesta Rettificazione, 72 pagine di storia sovrascrivono anche le sfumature e i "colpi di luce" con cui il Daru aveva tinto la sua "Histoire" di calunnie sui costumi dei Veneziani e del loro Governo.
Cito a esempio il caso della presunta conservazione in Venezia della crudele usanza di macellare un toro e dodici maiali in Piazza per commemorare la vittoria sul Patriarca di Aquileia nel 1162.

Per il Daru questo è chiaro indice della ferocia e della vendicatività del Popolo veneziano, che avrebbe a suo dire mantenuto vivo il rancore verso il Patriarca aquileiese rinnovando la cerimonia per seicento lunghi anni.
Il Tiepolo non fatica a indicare che nella stessa fonte da cui il Daru attinge la notizia di questo rito pubblico, si rende anche noto che esso fu soppresso nel 1245.

Il Daru confonde le funzioni di due distinte magistrature (i Savi alla Promissione ducale e gli Inquisitori sopra il Doge defunto) in una di sua invenzione, sbaglia le date e le denominazioni del Senato, ha le idee molto confuse sull'origine e la specificità dei Savi e dei Consigli nell'Amministrazione della Repubblica e nella sua Storia

 

Conclude l'Opera un indice analitico e riassuntivo commentato di tutte le incongruenze e discordanze dalle fonti che sono state riscontrate nel lavoro del Daru, indice che, in 81 pagine, da solo rende lo spessore dell'impegno enciclopedico e bibliografico del Tiepolo.

(link al libro di Domenico Tiepolo: https://books.google.fr/books?id=s54KAAAAQAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r#v=onepage&q&f=false)

 

 

Victor Hugo fu tra i primi a trasformare le calunnie del Daru in suggestioni popolari per mezzo dei teatri. 

Chi fece il male peggiore, raccogliendo al contempo la maggior parte del bottino intellettuale, fu il movimento illuminista transnazionale, che ereditò in blocco quello che era stato il patrimonio culturale e tecnico dei Veneziani, ne usurpò l'Autorità morale e scientifica e di questa Autorità fece assai cattivo uso, soprattutto nelle opere di divulgazione e in quelle di istruzione popolare.

Detenendo presocché il monopolio della cultura enciclopedica e divulgativa, oltre a una cospicua influenza su gran parte degli Ordini Sapienziali laici, l'illuminismo perpetrò le calunnie del Daru e, grazie a queste, poté vestìre indegnamente i meriti di Venezia, cambiando il proprio stato filosofico da "mediocre rilettura laica del Cristianesimo" a "Grande Innovazione Globale del Pensiero, del Metodo e della Società". 

La Restaurazione venne per tutti ma non per Venezia. I suoi primati civili furono spartiti al pari dei suoi Territori e opere d'Arte, il suo limpido ed efficiente modello di Stato fu caotizzato e calunniato. Proprio grazie alla teoria fosca e fasulla del Daru tali impossessamenti e confusioni sono ancora oggi largamente tacitati nella Storiografia ufficiale e ancor più largamente falsificati nella letteratura e nell'immaginario popolare.

La teoria calunniosa francese sarà continuata dai dominatori Austro-ungarici e implementata dal Regno d'Italia, poi sarà adottata dal ventennio fascista, e ancora la pseudo-repubblica attuale non manca di rinnovare la demagogia anti-veneziana, passando dai librettisti dell'Ottocento ai registi e scribacchini del Novecento e del Duemila.

I "Discorsi sulla Storia Veneta" sono un vero capolavoro di critica storiografica centrato su uno degli Stati che per oltre dieci secoli troviamo fra i protagonisti più importanti d'Europa e del Mondo. Essi contengono rettifiche storiografiche di tale importanza da rendere quest'Opera necessaria a ripristinare l'accertato storico non solo della Repubblica di Venezia ma della Storia Mondiale nell'arco di 14 secoli.
Tale Opera è stata tuttavia lasciata tra le pubblicazioni minori d'Archivio, mentre alle Enciclopedie e alla Letteratura popolare si continua a dare in pasto la fiaba malevola del Daru.

Ancora oggi nel 2011 le guide di Piazza raccontano ai turisti gli "orrori del Consiglio dei Dieci", inventati dal Daru e portati a perfezione favolistica dai suoi successori nello sfruttamento della torbida atmosfera letteraria che scaturisce dalla calunnia: Victor Hugo (1835), Francesco Dall'Ongaro (1846), Arrigo Boito (1876) e altri, che con le loro operette di successo svolgevano funzione molto simile alla televisione e al cinema di oggi, quanto alla trasmissione di contenuti al popolo.
Agli sviluppi della calunnia ordita dal Daru sarà però opportuno dedicare uno specifico articolo, perché ancora oggi si producono opere di fantasia oscura che si ispirano alle "verità storiche" enunciate in quella calunnia, mentre ancora oggi la Rete Internet offre pochissimi riferimenti a Domenico Tiepolo e ai suoi "Discorsi sulla Storia di Venezia", nessuno dei quali in chiave divulgativa.

Grazie alla mai troppo lodata iniziativa degli scansionatori di Google Books, l'originale è oggi accessibile alla lettura, come lo sono molte delle fonti correlate, ma temo di dire il vero constatando che quella che state leggendo è l'unica presentazione divulgativa dei "Discorsi sulla Storia Veneta" attualmente raggiungibile via Internet.

Oltre a quello già citato del rev. Parsons, ho trovato accenni ai "Discorsi sulla Storia veneta" solo nei trafiletti che vedete riprodotti qui a fianco.

Vediamo come il redattore del "Museum of foreign Literature and Science di New York", nel 1829, si dica edotto sulla Storia di Venezia dal lavoro del Daru e attenda con una certa ansia le confutazioni del Tiepolo.

Vediamo anche un trafiletto negli "Annali universali di Statistica, economia pubblica, storia, viaggi e commercio" pubblicati a Milano nel 1829, che intende annichilire il testo del Tiepolo con una stroncatura.
Una piccola frase: "Diremo qui infine cosa spiacevole ma necessaria a ridirsi: che una storia vera di Venezia ancora manca: e innumerabili sarebbero le difficoltà a ben riuscirvi".

Piccola frase ma sufficiente a istillare l'idea che la lettura delle novecento pagine del Tiepolo sia attività di nessuna importanza, da lasciarsi a eruditi topi d'archivio per il loro piacere intellettuale, senza speranza di giungere a un'immagine chiara e definitiva della Storia di Venezia.
La vigliaccheria di questa frase definitiva, pronunciata non da un archivista o da uno storico, ma da un semplice giornalista di varietà, è raddoppiata dal fatto che il redattore la scrive in modo tale che sembri attribuibile al Tiepolo stesso. Tiepolo è invece uno storico perfettamente avveduto della grande e organica qualità di documenti tramandati alla Storia dalla Repubblica Serenissima, come dimostra la vera frase con cui conclude la sua Opera:

 

"Ci crediamo quindi in dovere nel chiudere queste nostre osservazioni, di ripetere la solenne protesta, che ... siamo stati nostro malgrado tratti a fare ... sui passi ne' quali ci siamo accorti che non era egli stato ben informato delle venete cose; oltreché da una specie di dovere ... di non lasciare ingannare i forastieri da inesatte nozioni della forma, e sistemi del governo Veneto, ... non ci ha permesso di lasciar luogo a sospettare dal nostro silenzio che neppur noi conoscessimo bene il governo nostro. Sarebbe questa una taccia ignominiosa per un Veneziano che ha avuto parte nel governo, e questi riflessi speriamo che saranno valevoli a giustificarci anche verso il sig. Daru se, con nostro dispiacere, vedendo da lui non approvate le nostre osservazioni, ci siamo creduti in dovere di assoggettarle al giudizio del pubblico".

 

Ancor maggiore infamia merita il terzo trafiletto, tratto da "Il Gondoliere" del 1836. È un giornale filofrancese fondato da un tardo bonapartista, Paolo Lampato, con capitali messi a disposizione dalla potente famiglia Papadopoli, anch'essa nota, dalle relazioni di polizia austro-ungarica, come "di censurabili principi politici".

Un altro patrizio veneto, Paolo Renier, aveva scritto una tragedia che si prefiggeva di ripristinare presso il grande pubblico la verità storica sulla vicenda del "Conte di Carmagnola", vicenda che la fantasia del giovane Alessandro Manzoni già nel 1816 aveva usato per mettere la Repubblica di Venezia proprio in quella luce fosca che il Daru andava pubblicando come storia.

Ci sarebbe da pensare che Paolo Renier dovesse trovare supporto alla sua tragedia rettificatrice in un giornale veneziano come "Il Gondoliere". Invece, come vediamo, viene pugnalato da una stroncatura tanto feroce, quanto mistificatoria e probabilmente priva di ogni fondamento critico.
La malafede del redattore, tale Luigi Carrer, appare evidente quando invita il Renier a produrre storiografia anziche teatro. Lo esorta quindi a duplicare il lavoro già svolto egregiamente dal Tiepolo e rimasto sepolto negli archivi.
Che il redattore non ignora l'esistenza dei "Discorsi sulla Storia Veneta", è dimostrato dal fatto che in calce all'articolo riporta proprio il necrologio del Tiepolo stesso, dove lo definisce autore di alcune note (le novecento pagine dei "Discorsi sulla Storia Veneta") ad una storia famosa che fornì materia di gravi pensamenti a chi ne abbia l'attitudine e il desiderio.

Evidentemente il redattore non era tra quelli che coltivassero il desiderio di amare la propria Patria e la propria Storia, perché il giudizio ex-cathedra che pronuncia sul concittadino è senza appello, il Renier è un vanitoso che vuole mettersi in mostra duellando con un avversario ben più dotato di lui. 

articolo liberamente interpretato da http://www.veneziadoc.net/Storia-di-Venezia/Venezia-Domenico-Tiepolo.php che ringrazio per avermi fatto scoprire questa perla!

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