La battaglia di Lissa
Lissa è un'isola del mare Adriatico,è la più lontana dalla costa dalmata; fu base navale della Serenissima fino al 1797.
In seguito fu contesa da Austria, Inghilterra e Francia, fu teatro il 13 marzo 1811 di una battaglia durante la quale gli Inglesi sconfissero la flotta francese. Nel 1815 passò all’Austria che, memore dell’importanza datale anche da Napoleone (“Nessuno può ritenersi il vero signore dell’Adriatico senza il controllo di essa”, disse lo stratega corso), la fortificò in tal modo da poterle attribuire il nome di “Malta dell’Adriatico”.
L'8 aprile1866 viene fimato a Berlino un patto d’Alleanza fra l’Italia e la Prussia.
Fra il 16 e il 28 giugno le armate prussiane invasero l’Hannover, la Sassonia e l’Assia ed il 3 luglio vinsero a Sadowa. Due giorni dopo, l’impero asburgico decise di cedere il Veneto all’Italia (tramite la mediazione di Napoleone III) pur di concludere un armistizio.
In Italia i governanti furono però contrari a tale proposta, che umiliava le forze armate italiane, e, viste le penose condizioni dell’esercito dopo la sconfitta di Custoza, puntarono sulla marina per riportare una vittoria sul nemico che consentisse loro di chiudere onorevolmente una guerra. Gli Italiani non potevano certo immaginare che avrebbero trovato ancora una volta sul loro cammino i Veneti, ossatura della marina austriaca.
La marina militare austriaca era praticamente nata nel 1797 e già il nome era estremamente significativo:
“Oesterreich Venezianische Marine” (Imperial Regia Veneta Marina). Equipaggi ed ufficiali provenivano in gran parte dall’area veneta dell’impero (veneti in senso stretto, istriani e dalmati, i pochi “foresti” ne avevano ben recepito le tradizioni nautiche, militari, culturali e storiche.
La lingua corrente era il veneto, a tutti i livelli. Nel 1849 dopo la rivoluzione veneta, capitanata da Daniele Manin, c’era stata, è vero, una certa “austriacizzazione”: nella denominazione ufficiale l’espressione “veneta” veniva tolta, c’era stato un notevole ricambio tra gli ufficiali, il tedesco era diventato lingua “primaria”. Ma questo cambiamento non poteva essere assopito nel giro di qualche mese; e non si può quindi dar certo torto a Guido Piovene, il grande intellettuale veneto del Novecento, che considerava Lissa l’ultima grande vittoria della marina veneta-adriatica.
I nuovi marinai, infatti, continuavano ad essere reclutati nell’area veneta dell’impero asburgico, non certo nelle regioni alpine, e il veneto continuava ad essere la lingua corrente, usata abitualmente anche dall’ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff che aveva studiato (come tutti gli altri ufficiali) nel Collegio Marino di Venezia e che era stato “costretto” a parlar veneto fin dall’inizio della sua carriera per farsi capire dai vari equipaggi.
La lingua veneta contribuì certamente ad elevare la compattezza e l’omogeneità degli equipaggi;
"(..) è vero che a bordo delle navi si parlava veneto,ma questo accadeva perchè il veneto era la lingua franca della marineria adriatica e perchè la marina asburgica era l'erede della marina della Serenissima"
(tratto da:"Il leone di Lissa" di Alessandro Marzo Magno)
estremamente interessante quanto scrive l’ammiraglio Angelo Iachino:
“…non vi fu mai alcun movimento di irredentismo tra gli equipaggi austriaci durante la guerra, nemmeno quando, nel luglio del 1866, si cominciò a parlare della cessione della Venezia all’Italia”
(tratto da A. Iachino - La campagna navale di Lissa 1866 - IL SAGGIATORE (pag. 133)
Un'ulteriore conferma possiamo averla da Garibaldi,infatti esso
“(..)s’infuriò perché i Veneti non si erano sollevati per conto proprio, neppure nelle campagne dove sarebbe stato facile farlo!”
(Tratto da D. Mack Smith, Storia d’Italia, Laterza)
Per capire invece come era organizzata la flotta italiana è interessante leggere il quotidiano francese "La Presse" :
"Pare che all'amministrazione della Marina italiana stia per aprirsi un baratro di miserie: furti sui contratti e sulle transazioni con i costruttori, bronzo dei cannoni di cattiva qualità, polvere avariata, blindaggi troppo sottili, ecc. E se si vorranno fare delle inchieste serie, si scoprirà ben altro"
(tratto da Mario Costa Cardol - Và pensiero ....su Roma assopita - MURSIA (pag. 5))
Si arrivò così alla mattina del 20 luglio 1866. La marina italiana si presentò nelle acque di Lissa numericamente superiore, ma, in circa un’ora, l’abilità del Tegetthoff ed il valore degli equipaggi consentì alla marina austro-veneta (come la chiamano ancor oggi alcuni storici austriaci) di riportare una meritata vittoria.
Le perdite italiane furono complessivamente di 620 morti e 40 feriti, quelle austro-venete di 38 morti e 138 feriti.6 La corazzata “Re d’Italia”, speronata dall’ammiraglia “Ferdinand Max”, affondò in pochi minuti con la tragica perdita di oltre 400 uomini; la corvetta corazzata “Palestro”, colpita da un proiettile incendiario, esplose trascinando con sè altre 200 vittime. E ancor oggi è ben viva la leggenda secondo la quale i marinai veneti della “Ferdinand Max”, vedendo la corazzata Re d’Italia che affondava, gridarono: “Viva San Marco!”
(Leggenda citata anche da A. Zorzi, Venezia austriaca, Laterza, pag. 238.)
Emblematiche a questo proposito le citazioni seguenti:
"(..) I Veneziani a Lissa a bombardare Persano e a urlare "Per San Marco" a ogni palla di cannone che spedivano contro la flotta italiana e che apriva squarci nelle fiancate delle navi"
("Indietro Savoia",Lorenzo Del Boca")
"All'annuncio della vittoria i marinai austriaci lanciano i berretti in aria e urlano in italiano "viva San Marco"
("L'europa e le vie del Mediterraneo",Roberto Giardina)
Dopo tale vittoria fu concessa da Vienna una medaglia d’oro a Vincenzo Vianello di Pellestrina, timoniere della “Ferdinand Maximillian”, che speronò il “Re d’Italia”. Altra medaglia d’oro fu concessa a Tommaso Penzo di Chioggia. Ai marinai veneziani furono concesse ben 43 medaglie d’argento, quattro ai rodigini, sei a quelli di Udine.
Per descrivere il loro valore fu coniato il detto:
“Degli uomini di ferro su navi di legno hanno vinto degli uomini di legno su navi di ferro”.
A memoria della vittoria inoltre, a Lissa, allora austriaca, fu eretto un monumento con un bel leone dormiente ed i nomi dei caduti austro veneti.
Durante l’occupazione italiana di quelle contrade (fre le due guerre mondiali), si pensò bene di farlo sparire ed ora esso si trova, eloquente testimonianza del valore veneto, nell’accademia militare di Livorno, in pratica sequestrato alle nostre genti.
E' interessante leggere cosa scrivevano i giornali italiani dell'epoca:
Il Sole (Milano) 22 luglio 1866
"La battaglia di Lissa“Fu una vittoria o una sconfitta?
Il dispaccio è abbastanza sibillino per lasciarcene quasi dubitare. Due fatti però culminanti trapelano dalla male abbozzata relazione ufficiale, e sono, che delle acque del combattimento rimasero padroni i nostri, e che la flotta austriaca affrontata, dopo la battaglia nel canale di Lesina, rifiutò il combattimento continunando la sua ritirata”.
La Perseveranza (Milano) 22 luglio 1866
“La padronanza del mare è nostra e le grandi operazioni della flotta vengono assai agevolate per la sconfitta dell'armata nemica"
Gazzetta di Milano 22 luglio 1866
“Finalmente abbiamo un fatto navale e possiamo dire una vittoria navale. […] Ciò che risulta evidente è che la squadra italiana mise in fuga la squadra austriaca"
Il Sole (Milano) 23 luglio 1866
“I particolari, che cominciano a trapelare, sul memorabile urto, delle squadre, parlano altamente in nostro favore. In una corrispondenza da Ancona dove sono reintrate tre unità cariche di feriti: “Da quanto mi vien riferito dagli ufficiali dell'equipaggio la flotta austriaca sofferse molto; avrebbe perduti non meno di 8 bastimenti fra grandi e piccoli, fra questi si crede vi sia il vascello Kaiser”.(il Kaiser in realtà, pur gravemente danneggiato, non affonda, gli italiani invece perdono due navi (Re d'Italia e Palestro)
La Perseveranza (Milano) 23 luglio 1866
"La vittoria di Lissa“È stata una vittoria o una sconfitta?
[…] Basta una lettura attenta del dispaccio per convincersi che la nostra flotta ha ottenuto una splendida vittoria. …] Non crediamo di arrischiar troppo affermando che difficilmente le navi austriache potranno riavvicinarsi alle coste istriane. È dunque una battaglia riuscita a tutto nostro favore”
Gazzetta di Milano 23 luglio 1866
"l'Austria prese a' suoi servizi molti ex ufficiali dei confederati d'America i quali, dopo aver combattuto pel mantenimento della schiavitù nel loro paese, non stimarono inconseguente di recar l'aiuto del loro braccio alla causa dell'Austria. [...] i marinai italiani spezzarono ogni resistenza a cacciarono in fuga austriaci e americani”
La Perseveranza (milano) 24 luglio 1866
“Le acque di Lissa sono nostre e la squadra austriaca […] fu costretta dalle gravi avarie patite a rifiutar una seconda battaglia. [...] Ormai è indubitato che il numero dei legni perduti dal nemico fu di gran lunga superiore al nostro”
Il Sole (Milano) 25 luglio 1866
“La battaglia di Lissa ha cessato di essere una vittoria”
La Perseveranza (Milano) 28 luglio 1866
“un sentimento ineffabile di orgoglio e fierezza per la novella e luminosa prova del valore italiano. […] Anatema all'ammiraglio la cui inettitudine rese sterili, almeno apparentemente, i miracoli di intrepidezza e di abnegazione dei nostri marinai"
Forse la cosa più veritiera la scrisse Giuseppe Mazzini su "Il dovere" del 24 Agosto 1866,
"E' possibile che l'Italia accetti di essere additata in Europa come la sola nazione che non sappia combattere, la sola che non possa ricevere il suo se non per beneficio d'armi straniere e concessioni umilianti dell'usurpatore nemico?"
Nel 1867 viene eretto un monumento commemorativo nel cimitero di Lissa;il monumento rappresenta un leone(rifacendosi al leone di San Marco) che stringe tra le grinfie una bandiera austriaca.
Nel basamento vennero scolpiti i nomi dei marinai caduti.
In seguito alla fine della prima guerra mondiale gli italiani occupano la Dalmazia e con essa anche l'isola di Lissa; il monumento viene modificato al fine di distorcene l'identità originale: vennero aggiunte le scritte "1918" e "ITALIA VINCITRICE".
Con i trattati di pace successivi, che privarono l'Italia di gran parte della Dalmazia tra cui Lissa,gli americani decidono il diritto all'autodeterminazione dei popoli della zona,gli Italiani quindi nel 1921 abbandonano l'isola, ma prima di farlo smontano il monumento, portandolo con sè e lo collocano presso l'Accademia navale di Livorno dove tuttora si trova.
Qualche anno dopo l'indipendenza della Croazia,essa iniziò a chiedere la restituzione del monumento,ma l'Italia non lo restituì mai.
In seguito al ritrovamento dei progetti dell'originale venne realizzata una replica(in scala ridotta) e posta nel luogo originale.
Monumento nel cimitero di Lissa.
foto dell-epoca
Monumento di Lissa "italianizzato".
Accademia navake di Livorno
Monumento dedicato a Tegetthoff.
Graz